Il Castello di Rossino

Il castello, è ubicato in posizione dominante su un’altura che sovrasta Calolziocorte e la valle dell’Adda presso l’abitato Castél della frazione Rossino di Calolziocorte.

Rossino

Il toponimo Rossino appare, nei primi documenti conosciuti del XII secolo, nelle versioni RuxinoRusino e Russino, mentre, nei documenti di fine Duecento e primi del Trecento, comincia ad apparire quello di Rosino o Rossino. Le due versioni continueranno per secoli a convivere nei documenti e negli atti notarili giungendo fino a oggi il primo con il dialetto e il secondo con l’italiano. Per capire l’origine del toponimo però, è necessario considerare le forme primordiali RüssinRüsin o Rüsein. Nel linguaggio alpino sono diminutivi di Rösa che indica un luogo pianeggiante, circondato da alture e generatosi col ritiro dei ghiacciai. Rüssin quindi come piccola RösaNel XIII secolo il castello appare come una realtà ben strutturata e appartenente ai Salvioni, probabilmente originari della Val Taleggio. Nel XIV secolo il castello risulta di proprietà dei Benaglio mentre i Rota, signori di Carenno, lo possiedono fra Quattrocento e Cinquecento. Nel secolo XVII, e fino al tardo Settecento, appartiene ai marchesi Solza che nell’Ottocento lasceranno il posto alle famiglie Regazzoni-Benaglio e Rizzi. Attualmente il castello, di proprietà dei Lozio, è diventato una residenza privata ed è disponibile come location per matrimoni e altre cerimonie, unico modo per poterlo visitare. L’abitato di Rossino, in origine separato in due distinti nuclei dal torrente Buliga, viene citato in riferimento ad alcuni esponenti della famiglia De Russino alla quale è ragionevole attribuire la costruzione del castello. Questa parentela sembra legata con i De Vicomercato nonché ai De Prezate, un casato bergamasco di origine longobarda che annovera tra i suoi esponenti niente meno che Alberto, il fondatore del monastero di Pontida.

Il castello

Con ogni probabilità il castello venne edificato con la funzione strategica di controllo del tracciato collinare dell’antica via romana che collegava Bergamo e Como. Questa strada, provenendo da San Gregorio, toccava Monte Marenzo, saliva a Lorentino, e passando per Castel Rossino scendeva a Calolzio per attraversare l’Adda sul ponte romano di Olginate. Da lì, passando per Garlate, proseguiva per Galbiate, Civate e Como. Purtroppo l’assetto medievale risulta molto compromesso dal radicale restauro operato tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, periodo in cui venne localmente da alcuni associato alla figura manzoniana dell’Innominato. L’intervento ha cancellato quasi totalmente i residui della cinta muraria che, secondo la tradizione, avrebbe contato quattro o addirittura sei torri e avrebbe incluso la distante chiesa di San Lorenzo nuovo un tempo dedicata ai Santi Sisto e Salvatore. La notevole distanza del più recente edificio religioso rende però poco plausibile questa ipotesi. Le cartoline di inizio Novecento mostrano una merlatura in stile ghibellino successivamente mutata in stile guelfo così come la possiamo ancora ammirare. Il Castello di Rossino avrebbe fatto parte di un sistema difensivo e di controllo ben organizzato che contava probabilmente anche altri punti d’avvistamento sparsi sui rilievi compresi nel feudo della famiglia Benaglio. Un feudo che, al massimo della sua espansione, comprendeva Erve, Rossino, Calolzio, Vercurago e Cremellina, oggi identificabile con la frazione del Pascolo di Calolzio. Una rete simile avrebbe costituito la base della forza dei Benaglio che seppero tenere testa sia alle ingerenze della Bergamo ghibellina dei Suardi sia alle mire espansionistiche dei Visconti. La presenza di un presidio militare a controllo di un’importante via di comunicazione prevedeva quasi sicuramente la riscossione di pedaggi che, secondo alcuni studi, sarebbe stata effettuata dal vicino palazzo detto della dogana. I resti di una piccola torre si trovano a ridosso di quest’edificio che si affaccia sulla via, tra il castello e la chiesa di San Lorenzo Vecchio, e avrebbe ospitato il corpo di guardia. L’unico elemento ben visibile del complesso originario resta la torre a pianta quadrata da cui si gode un’ottima vista sulla valle sottostante. le due facciate meglio conservate e che hanno subito minori manomissioni sono quella che guarda verso la corte interna e la adiacente rivolta verso nord. Sulla facciata orientale all’ultimo piano si è conservata una sequenza orizzontale di fori predisposti per l’inserimento di travi a sostegno di una balconata lignea utilizzata per migliorare l’avvistamento o, secondo alcune ipotesi, con funzioni di colombaie. Sempre sul lato nord della torre, in corrispondenza dei piani sottostanti, vi sono altre due fenestrature antiche. Una, in particolare, è una sorta di sottile feritoia a croce da cui era possibile tirare con la balestra.

I cunicoli

Un altro aspetto molto affascinante legato al castello è la presenza di una rete di cunicoli che collegano due percorsi principali: il Castello di Rossino a Piazza Regazzoni a Calolzio e il Castello di Rossino alla Rocca di Somasca sopra Vercurago. Percorsi che, date le distanze, sembrano inverosimili ma che le ricerche intraprese nel secolo scorso, pur con discontinuità, hanno dato una certa concretezza ad una tradizione che si riteneva per lo più frutto di dicerie popolari.

Le testimonianze riguardo questi cunicoli sono state recentemente indagate da Dario Dell’Oro che ne ha verosimilmente ricostruito i percorsi. I cunicoli oggi sono impraticabili o sono comunque stati resi inaccessibili per motivi di sicurezza. In molti casi, infatti, erano ancora presenti profondi pozzi scavati come tranelli per liberarsi delle persone indesiderate.

  • BONAITI F., La valle dei castelli, Collana di San Martino, 2010
  • DELL’ORO D., Il castello di Rossino. Tra armigeri, mercanti e percorsi sotterranei, 2015
  • ZASTROV O., Annotazioni storiche e architettoniche sul Castello di Rossino in Archivi di Lecco, anno XXXIII, ottobre-dicembre 2010.